venerdì 21 giugno 2013

Uno strano incidente


Da "Il diario di uno psicopatico".
 
Il collega stava  per ribattere qualcosa, quando la nostra attenzione fu richiamata da un insolito trambusto giù in strada, a poca distanza dalla palazzina  in cui ci trovavamo in quel momento, situata in un quartiere periferico di Senigallia, di fronte a degli impianti sportivi, in realtà una zona tranquilla e poco frequentata in quel periodo dell'anno. Era infatti Dicembre inoltrato, le giornate si erano notevolmente accorciate, tanto che erano le quattro del pomeriggio e già il sole stava calando inesorabilmente. Un'auto parcheggiata stava andando a fuoco, già si cominciava ad alzare una colonna di fumo nero. Lì per lì pensai che non fosse niente di grave, a parte il danno economico che avrebbe patito il proprietario per la perdita della sua auto, ma alcuni particolari della scena fecero rendere conto sia me che il mio collega che si stava consumando una tragedia. L'auto non era vuota, c'erano delle persone a bordo. Senza neanche infilarci i soprabiti, ci precipitammo di sotto. Sergio  prese il primo estintore che gli capitò tra le mani, io feci altrettanto e gridai al piantone, passando avanti alla sua guardiola, di chiamare ambulanza e pompieri. Giunti vicino all'auto in fiamme, una Peugeot 207, potemmo verificare l'efficienza degli estintori in nostra dotazione. Il mio era completamente scarico, mentre quello che aveva in mano il commissario Adinolfi riuscì a soffocare le fiamme quel tanto che bastò a vedere che per la persona seduta sul lato del guidatore c'era ben poco da fare. Poi, esalato l'ultimo spruzzo di schiuma, le fiamme finirono la loro opera riducendo l'auto  ad uno scheletro annerito. Fortunatamente, si fa per dire, il veicolo doveva essere alimentato a gasolio, per cui non ci fu alcuna esplosione. Giunsero i pompieri a sirene spiegate e in una frazione di secondo estinsero le ultime lingue di fuoco. Poco più in là, il personale del 118 stava prestando soccorso a un individuo, che ancora teneva in mano un tubo metallico e che si era leggermente ustionato al volto. A terra, in stato di incoscienza, una persona, che capii essere una donna. Con tutta probabilità, era uscita dall'abitacolo dal lato del passeggero, si era trascinata per qualche metro avvolta dalle fiamme, poi si era accasciata  inerme. Mi diedi della stupida, se non avessi perso tempo con l'estintore, mi sarei potuta accorgere di lei, gettarle qualcosa addosso per soffocare le fiamme, per evitarle atroci sofferenze. Ma nella confusione non avevo fatto neanche caso alle sue urla. I paramedici la rigirarono delicatamente, uno di loro   poggiò due dita sul collo e disse all'altro: «E' ancora viva! Forza, diamoci da fare.»
Il secondo paramedico scosse la testa.
«Non possiamo fare niente, è in condizioni pietose. Se si salverà rimarrà sfigurata per sempre. Diamole l'ossigeno e chiamiamo l'eliambulanza, la trasporteranno al centro grandi ustionati...»
La scena era raccapricciante, avevo i crampi allo stomaco e stavo per vomitare, ma mi feci coraggio, mi avvicinai al mio collega, che continuava a guardare allibito il cadavere carbonizzato della persona rimasta all'interno della vettura, e cercai di scuoterlo riportandolo alla realtà.
«Coraggio, Sergio, non potevamo fare niente di più. Cerchiamo di capire piuttosto che cos'è successo. Dobbiamo interrogare l'individuo con quella spranga in mano, prima che lo portino al pronto soccorso. Sentiamo che cos'ha da dire! Mentre tu ti fai dare le sue generalità, io chiamo Cimino. Qualche rilievo della Scientifica ci potrà sicuramente essere utile.»