sabato 4 settembre 2010

L'arresto di Larìs Dracu



Larìs tenta di fuggire a bordo della Porsche di Aurora, ma viene arrestata da Mauro e Caterina dopo un rocambolesco inseguimento.



Raggiunsi casa di Aurora e parcheggiai nel piazzale: la strega era sulla soglia, come se mi stesse aspettando. Fece uno sbuffo di fumo e gettò la cicca di sigaretta appena finita di fumare, poi mi fissò con quei suoi occhi incredibili, mentre mi avvicinavo verso di lei. “Benvenuta, mia cara: la speranza di incontrarti finalmente da sola non è stata vana! Vieni, Caterina!”
La sua voce era molto sensuale ed io ero profondamente attratta dal suo sguardo: mi prese dolcemente per mano e mi guidò all'interno della sua dimora fino al salone del pentacolo.
Sul pavimento aveva disposto dei cuscini colorati e su un tavolino c'erano due tazze di tisana fumante.
“Vedo distintamente la tua aura, rossa come il fuoco: tu sei passionale come l'elemento che ti rappresenta! Bevi, tesoro mio, poi avremo modo di conoscerci meglio.”
Probabilmente nella tisana c'erano delle spezie, degli aromi molto forti, forse anche droga, che mi fecero cominciare a far annebbiare la vista, a perdere la ragione e la cognizione normale delle cose e del tempo. La strega prese del tabacco da un prezioso vaso di porcellana e arrotolò con cura due sigarette: nonostante non avessi mai fumato in vita mia, portai la sigaretta che mi veniva offerta alle labbra e me la feci accendere. La prima boccata di fumo mi andò attraverso e la ributtai fuori immediatamente con un colpo di tosse, ma l'aroma era gradevole e cominciai ad aspirare ed esalare fumo fino a consumare tutta la sigaretta. A quel punto ero completamente sotto l'effetto delle droghe che la strega mi aveva somministrato: ero cosciente di quello che accadeva, ma non riuscivo a far niente per sottrarmi a ciò che stava facendo Aurora. La vidi spogliarsi, rimanere completamente nuda, poi cominciai a sentire le sue mani sul mio corpo: lentamente mi spogliò, continuando a carezzarmi, e mi fece adagiare delicatamente sui cuscini. Grazie anche all'effetto delle droghe, sentivo l'eccitazione crescere, il mio corpo vibrare: cominciai a mia volta a carezzare il corpo di Aurora, fino a che sentii le sue labbra unirsi alle mie, la sua lingua entrare nella mia bocca. Dopo avermi a lungo baciato, la sua bocca e la sua lingua cominciarono a scendere giù giù, a sfiorare e stimolare il mio collo, le mie spalle, i miei seni, facendomi eccitare sempre di più, fino ad arrivare alla zona genitale, per poi ritornare su su fino a sfiorarmi di nuovo le labbra. Ad un certo punto mi sentii penetrare: la sua lingua era entrata dentro di me, come un membro in erezione, e i suoi movimenti simulavano quelli di una vera e propria copula. Giunsi all'orgasmo, un orgasmo talmente forte, intenso, a dir poco violento, così diverso da quello dolcissimo provato con Stefano solo pochi giorni prima, che non potei fare a meno di sottolinearlo con un grido prolungato. Ero completamente stordita, ma sentivo ancora la calda lingua della strega all'interno del mio corpo, che con quell'unione stava trasmettendo qualcosa al mio interno, qualcosa che in quel momento non capivo, ma che dalla zona genitale arrivava direttamente alla mia mente, al mio cervello. Stremata, mi abbandonai sui cuscini e persi i sensi.
Quando iniziai a ritornare cosciente, la prima cosa che vidi fu la luna quasi piena, che splendeva in cielo sopra la mia testa. Non riuscivo a muovermi: pensai che ero probabilmente ancora sotto l'effetto delle droghe, ma non era così e solo dopo qualche istante mi resi conto della situazione di pericolo in cui mi trovavo in quel momento. Sicuramente ero legata e imbavagliata: cercai di guardare me stessa e intorno a me per rendermi conto di come quella strega mi avesse voluto combinare. Innanzitutto riconobbi il luogo: ero in prossimità della Fonte di Campomavùe. Non ero più nuda, ma direi neanche vestita; avevo indosso qualcosa di aderentissimo e trasparente, che mi resi conto essere dei collant. Un collant mi era stato fatto indossare normalmente alle gambe; ad un altro era stato praticato un foro al centro del corpino, che era stato fatto passare attraverso la mia testa, il corpino stesso tirato giù a ricoprire il mio tronco fino alla vita, le gambe del collant a rivestire le mie braccia, gli elastici dei due indumenti a toccarsi tra di loro all'altezza della vita. Le mie braccia erano legate in alto a due robusti pali infissi solidamente nel terreno, uno per lato rispetto al mio corpo, un altro collant era stato utilizzato per imbavagliarmi, e capivo che quest'ultimo mi procurava grosse difficoltà a respirare, in quanto in gran parte mi era stato inserito dentro la cavità orale. Sotto i miei piedi era stata disposta della legna da ardere, delle fascine e alcuni tronchi più grossi, a simulare un vero e proprio rogo: mi resi conto che di lì a poco avrei fatto la stessa fine riservata alle streghe nel medioevo. Un'altra cosa che percepivo era un notevole bruciore a livello della parte interna della mia gamba destra, a metà circa tra il ginocchio e la caviglia, ma, non potendo rivolgere il mio sguardo verso il basso, non riuscivo a capire di cosa si trattasse: pensai che, mentre ero incosciente, fossi stata ferita o scottata, ma non era quello il problema in quel momento. Quando capii che l'odore pungente che arrivava alle mie narici era odore di petrolio, vidi anche a qualche passo di distanza da me una figura vestita da boia, con una lunga veste nera, un cappuccio nero in testa con due buchi per gli occhi e una torcia accesa in mano. Pensai senza ombra di dubbio che sotto quella maschera ci fosse Aurora, che stava per uccidermi senza pietà: la vidi avvicinare la torcia al terreno, che si incendiò a formare un cerchio di fuoco, a breve distanza dalla catasta di legna che era sotto i miei piedi. L'oscura figura cominciò a gesticolare e recitare delle frasi in una lingua incomprensibile, con voce roca e falsata. Notai che quell'individuo aveva anche il controllo del fuoco: quando alzava le braccia, le fiamme si levavano più alte, mentre quando le abbassava anche le fiamme si abbassavano. Sperai che tutto ciò non fosse reale, che fosse un sogno provocato dalle droghe, o che fosse illusione dovuta ai poteri ipnotici della strega. Ma quando vidi il mio boia raccogliere da terra la torcia, ravvivarne la fiamma e fare il gesto di lanciarla verso il mio rogo per provocarne l'accensione, il mio cuore ebbe una stretta e pensai che per me fosse giunta la fine, una fine orribile. Mentre stavo raccomandando la mia anima al Padre Eterno, anche se non ero mai stata credente, intravidi, al di là del muro di fiamme, la mia salvezza spuntare dal nulla nelle vesti di Mauro Giampieri.
Mauro sorprese la nera figura incappucciata da dietro, la immobilizzò passandole un braccio intorno al collo e costringendola ad abbandonare la torcia. Il cerchio di fuoco, apparentemente non più controllato dalla volontà del boia, si abbassò fin quasi a spegnersi: vedevo i due lottare, impotente ad intervenire, fino a che l'oscura figura, lanciando due abili gomitate verso la bocca dello stomaco di Mauro, riuscì a liberarsi dalla stretta e scappare, dileguandosi all'interno del tunnel, la cui imboccatura avevamo liberato noi stessi il giorno precedente. Il mio collega, più che preoccuparsi di inseguire l'ipotetico assassino, si precipitò a liberare me: con il piccolo estintore della Lamborghini, che si era portato appresso, finì di spegnere il principio d'incendio, dopo di che venne a slegarmi.
“Non sai che piacere vederti!” gli dissi.
“Figurati per me, vederti in un look così sexy!” fu la sua risposta sarcastica. “Ma come ti sei combinata?”
“Come mi ha combinato quella dannata strega, direi! Mi ha ingannato, mi ha drogato ed ha tentato di uccidermi. Come diavolo hai fatto a lasciartela scappare? Sicuramente, attraverso quei passaggi sotterranei si starà dirigendo a casa sua. Ma lei è a piedi e noi abbiamo una potente auto: forza, cerchiamo di precederla e di catturarla su a Triora.”
Senza perdere la calma, Mauro finì di liberarmi, aiutandosi con un coltellino tascabile mi tolse quel collant infilatomi in maniera incredibile dalla testa e mi diede la sua camicia per coprirmi, rimanendo a torso nudo.
“Hai nessun indumento in auto da darmi?” chiesi.
“L'unica cosa utile è il giubbotto fosforescente d'emergenza: se poi non vuoi rimanere scalza ci sono gli stivali da pescatore che abbiamo utilizzato ieri, che sono rimasti nel baule dell'auto. Cercheremo di recuperare i tuoi vestiti a casa della strega. Andiamo!”
Raggiungemmo di corsa l'auto e, dopo che mi fui vestita in maniera veramente ridicola con gli indumenti proposti da Mauro., partimmo a razzo.
“Ma come hai fatto a giungere proprio al momento giusto?” chiesi a Mauro dopo essermi ripresa un po'.
“Un po' di fortuna, un po' d'intuito: quando ho visto che, dopo l'ora di pranzo, ancora non ti eri presentata al Distretto, ho cominciato a cercarti chiamandoti al palmare. Anche se sono pochi giorni che ti conosco, è come se ti conoscessi da una vita: ero sicuro che non saresti riuscita a stare con le mani in mano e che da sola ti saresti cacciata in qualche pasticcio. Non ottenendo risposta, ho cercato di localizzarti col sistema GPS. Ricordi? Hai due localizzatori, il palmare e il microchip. In un primo momento ho localizzato il tuo palmare e ho visto che era in prossimità della casa di Aurora, per cui mi sono mosso in quella direzione. Giunto lì, ho notato il SUV parcheggiato nel piazzale e ho immaginato che fosse l'auto, acquistata o presa a noleggio, con cui eri giunta fin lì. Quando notai che il palmare era rimasto sul sedile dell'auto, ho cercato di localizzarti attraverso il microchip: ho individuato la tua posizione e, mentre cercavo di raggiungerti, notavo che era troppo tempo che eri immobile, tanto che ho pensato al peggio. Avvicinandomi, ho visto il bagliore delle fiamme nella notte: ho preso l'estintore e mi sono precipitato. Il resto lo conosci. Piuttosto raccontami tu come hai fatto a farti fregare così.”
Stavo per rispondere, quando il bruciore alla gamba attirò di nuovo la mia attenzione: accesi la luce dell'abitacolo, mi sfilai lo stivale da pescatore ed osservai il punto da cui arrivava quella sgradevole sensazione.
“Il tatuaggio, quel tatuaggio, è stato fatto sulla mia gamba!” esclamai. “Io sono la quarta vittima? Come è possibile? Aurora prima ha detto che vedeva la mia aura rossa come il fuoco e mi ha associato a questo elemento, ma che senso ha? Non sono una discendente delle streghe di Triora!”
Improvvisamente dentro di me feci scorrere la storia della mia vita: mia madre, la morte del mio fratellino, il suicidio di mio padre. Mia madre era una strega, era lei che, con i suoi poteri occulti, aveva provocato tutte queste tragedie per eliminare i maschi della famiglia? E io, ignara primogenita femmina, nata nel 1971, coetanea delle altre vittime di Aurora, ero la discendente diretta di Emanuela Giauni? No, questo era ciò che mi aveva inculcato nella mente quella stregaccia con l'ipnosi. Tutto ciò che stavo pensando non aveva alcun senso, non potevo farmi suggestionare così.
“Stai tranquilla, riprenditi, ragiona!” disse Mauro interrompendo quelle mie riflessioni silenziose. “Ancora una volta Aurora, o chi per lei, sta cercando di farci credere ciò che non è, sta cercando di corrompere le nostre menti, per fuorviare le nostre indagini come ha fatto in passato con i nostri predecessori. So di un maresciallo dei Carabinieri che è finito in terapia psichiatrica dopo aver avuto a che fare con lei! E poi, sei sicura che la persona che stava per ucciderti fosse la nostra strega? Io ho avuto l'impressione che riuscisse a contrastare la mia forza in una maniera in cui una donna non riuscirebbe mai a farlo. Ancora ho gli addominali indolenziti dalle gomitate!”
“Non c'è da meravigliarsi di nulla da parte sua: magari si è addestrata alle arti marziali, o qualcosa del genere!”
Non riuscii a finire quest'ultima frase, che fui accecata dai fari di un'auto che a gran velocità procedeva nella direzione opposta alla nostra: sentii il rombo tipico di un motore sportivo quando sfrecciò a fianco della nostra auto.
“C...! E' lei: se ne sta scappando a bordo della Porsche. Ma come ha fatto a fare tutta quella strada a piedi in così poco tempo?” Mentre io stavo dicendo queste parole, Mauro aveva già fatto inversione di marcia e si era precipitato all'inseguimento dell'altra auto sportiva, giù per quella strada piena di curve insidiose e tornanti. Capii che per quel giorno non avevo finito di rischiare la vita: se non ero morta bruciata, sarei morta in un incidente stradale. Le gomme fischiavano ad ogni curva: fortunatamente nella notte non si vedevano i baratri, che comunque sapevo essere presenti ed incombenti ai lati della strada. In certi tratti Mauro riusciva a guadagnare terreno sulla Porsche, per poi perderne affrontando le curve, che l'altra auto sembrava riuscire ad affrontare più agevolmente. Fino a che il mio collega, in una manovra da brivido, tagliò un tornante attraversando un campo sconnesso e pieno di buche e si ritrovò davanti alla Porsche: cominciò a rallentare zigzagando fino a far finire l'auto della strega nel fosso laterale. Mi venne in mente che la mia pistola era sempre rimasta nel cassetto portaoggetti della Lamborghini: l'afferrai, tolsi la sicura e uscimmo entrambi dall'auto con le pistole spianate portandoci di fianco alla Porsche, uno per lato.
Gridai: “Aurora Della Rosa! Ti dichiaro in arresto!” Nessuna risposta: la donna era riversa sul volante.
Feci cenno a Mauro di aprire gli sportelli contemporaneamente: “Può essere una finta. Con attenzione: al mio tre apriamo le portiere. Uno...due...tre!” Con grande nostra sorpresa, la donna che aveva la testa sprofondata nell'airbag esploso era mora.
“E questa chi è?” dissi stupita.
“Si sta riprendendo!” disse Mauro “Ammanettiamola e chiamiamo rinforzi. Avremo tutto il tempo per interrogarla.”
Mauro prese il palmare e chiamò prima D'aloia e poi il Dr. Leone, per informarlo degli sviluppi dell'indagine e dell'arresto. Il magistrato chiese di parlare con me e il mio collega mi passò l'apparecchio: “Voglio essere presente all'interrogatorio, per cui mettete l'arrestata in camera di sicurezza per questa notte e domattina, anche se è domenica, sarò con voi!”
Mentre aspettavamo l'arrivo dei rinforzi e di un'ambulanza, la donna che avevamo intercettato era tornata in sé. Era una bellissima mora, dagli occhi scuri, più o meno della mia stessa età. Parlava bene in Italiano, anche se con uno spiccato accento straniero. “Chi sei, come ti chiami, perché stavi scappando?” le chiesi.
“Mi chiamo Larìs Dracu e sono di nazionalità Rumena. Risponderò alle vostre domande solo in presenza di un avvocato.” fu la sua unica risposta.
Nel giro di un quarto d'ora arrivò D'aloia, con una scorta di altri due uomini, seguito da un'ambulanza: i sanitari si occuparono della donna e dissero che l'avrebbero portata al pronto soccorso per accertamenti.
Ordinai al sovrintendente di non perdere di vista Larìs per un solo istante: “Se verrà ricoverata fa sì che sia piantonata da almeno due agenti! Voi seguite l'ambulanza: io e Mauro torniamo a casa Della Rosa a recuperare le mie cose, ma soprattutto a vedere se riusciamo a catturare la strega nella sua tana, anche se su questo non ho molte speranze.”