sabato 6 luglio 2013

Amina, la ragazza che gioca con il fuoco

UN'INSOLITA PERFORMANCE AL "MAMANONMAMA"
 
Intanto, al ritmo di una musica martellante, al di sopra di una pedana, alcuni soggetti si esibivano in virtuosismi di danza Hip Hop. In particolare, c'era un ragazzo che a testa in giù sosteneva tutto il peso del proprio corpo sulla mano destra poggiata al suolo, mentre le sue gambe roteavano in aria. Altri, ragazzi e ragazze, facevano da contorno, improvvisando figure non meno strane. Dopo mezz'ora circa, la musica cambiò, assunse dei toni più esotici. I ragazzi lasciarono la pedana per favorire l'esibizione di Amina, la danzatrice del ventre. La bella ragazza, mora, non molto alta, ma dal corpo di proporzioni perfette, la pelle scura e i lineamenti del viso orientali, avrà avuto sì e no venti anni. Raggiunse un cubo e, danzando sinuosamente su una melodia che aumentava via via il suo ritmo, si liberò della tunica e del velo, rimanendo in un minuscolo bikini, che lasciava abbondantemente scoperte le sue grazie femminili. La sua pelle olivastra era resa lucidissima da un unguento di cui si era cosparsa in maniera accurata. Sempre danzando, passò in mezzo al pubblico per guadagnare la pedana sulla quale fino a poco prima si erano esibiti i ballerini di Hip hop. Qualcuno nel frattempo aveva preparato la pedana, che aveva l'aspetto di una lunga passerella, per il prosieguo dello spettacolo della bella marocchina. Erano stati predisposti, nell'ordine, qualche metro di cocci di vetro, poi qualche metro di braci ardenti ed infine una bottiglia di petrolio e delle torce, per ora spente. Quando i riflettori illuminarono quel percorso, non potei fare a meno di rabbrividire.
«Rimani calma e guarda lo spettacolo.» Mi sussurrò il mio collega. «Non c'è alcun rischio, è tutto sotto controllo.»
Dovetti esercitare su me stessa una grande forza per poter continuare a guardare quello che accadeva sul palco. La ragazza aveva raggiunto l'inizio del percorso, i cocci di vetro, e continuava a muoversi a passo di danza con il sottofondo di una canzoncina rap.
«Guarda come rido, come sbatto le ciglia,
  Come ballo a piedi nudi sui cocci di bottiglia.
  Che farò, non so, ci penserò domani,
  Se mi piaci te lo dico e non ti taglio le mani.
  Son mezza intelligente, l'altra mezza è fuori,
  Se non sai come son fatta, tocchi i fili e muori.
  Son qui, e là, sparisco se mi gira,
  La mia vita è stropicciata in una borsa leggera.
  Non mi fermo agli stop, se vado piano invecchio,
  Se mi schianto, mi trapianto, e buonanotte al secchio.
  Tanto qui non c'è Inferno o Paradiso,
  E' più facile morire che soffiarsi il naso.
  Allora, accetto caramelle da uno sconosciuto,
  Tira pure il filo che si toglie il vestito.
  Faccio entrare il gatto nelle lenzuola,
  Vieni pure nel mio letto, ma una notte sola.»
A piedi nudi, al ritmo della canzoncina, aveva coperto tutto il percorso, prima sui cocci di vetro, poi sulle braci ardenti, che al suo passaggio diventavano rosse, sfriggevano e lasciavano sollevare del fumo biancastro. Non sapevo se in quel momento la pelle della ragazza luccicasse più per l'unguento o per il sudore. Prese le torce e se ne fece accendere due da un assistente, iniziando a farle scivolare piuttosto lentamente a contatto della pelle , prima delle sue braccia, poi delle sue gambe. Poi fece accendere altre due torce e iniziò a farle roteare velocemente da una mano all'altra in un pericolosissimo gioco di abilità che faceva apparire il suo volto all'interno di un cerchio di fuoco. Al termine gettò le torce in aria, riprendendole velocemente una alla volta, per sistemarle, ancora accese, su un supporto. Continuò a tenere con una mano l’ultima torcia, se la passò altre volte a contatto della sua pelle, poi prese la bottiglia di petrolio, mise in bocca una certa quantità di liquido infiammabile, per provocare, emettendolo attraverso le labbra in direzione della torcia accesa, delle fiammate che si dileguavano nell'aria. Al termine si versò il rimanente contenuto della bottiglia addosso, avvicinò di nuovo la torcia a sé e, in un attimo, rimase avvolta dalle fiamme. La gente applaudiva e incitava. Io, fuori di me, feci per alzarmi dal tavolo per andare a soccorrere in qualche modo la poveraccia, ma Sergio fu lesto a trattenermi per un braccio.
«Ferma, te l'ho detto, è tutto previsto. Ciò che rende la pelle di Amina così lucida è un unguento protettivo. Può resistere per un po' senza ustionarsi. A un suo cenno, i suoi assistenti la rinchiuderanno dentro un pesante sacco nero, soffocando le fiamme, e lei, dopo qualche secondo, ne uscirà indenne tra gli applausi del pubblico.»
E così effettivamente fu. La ragazza, tra gli applausi, si ritirò dietro le quinte, mentre alcuni inservienti velocemente ripulivano la pedana, per permettere poi a tutti gli avventori del locale di raggiungerla per dedicarsi al “ballo”, ma soprattutto allo “sballo”.
«Se mi avessi detto che c'era da assistere a uno spettacolo simile, non sarei certo venuta. Sei un bastardo, Sergio, sapevi benissimo com'era.» Aggredii in malo modo il mio collega, che rimase comunque tranquillo e mi rispose con voce pacata.