martedì 20 dicembre 2011

I MISTERI DI VILLA BRANDI


UNA NUOVA AVVENTURA PER IL COMMISSARIO CATERINA RUGGERI

In eleganti abiti da sera, Stefano ed io eravamo una delle coppie più ammirate della serata. Stefano, nonostante le sue precedenti affermazioni si muoveva bene nell'ambiente, salutava chiunque gli si avvicinasse con strette di mano a volte calorose e cordiali, a volte ossequiose, a seconda del grado di conoscenza e di amicizia che aveva con l'interlocutore di turno. A volte si dilungava in qualche commento, a volte baciava la mano di qualche signora. Man mano mi presentava tutti coloro che lo salutavano, mettendomi al corrente di vita, morte e miracoli di ognuno.
«Niente male per essere un ambiente che non ti va a genio!» Commentai a bassa voce, sorridendo.
«Beh, mi adeguo alla situazione, buon viso a cattiva sorte.»
Un cameriere si avvicinò a noi con un vassoio di calici pieni di champagne, mentre un altro ci porgeva dei piattini contenenti cocktail di scampi. Certo, rispetto all'inaugurazione di casa Della Rosa su a Triora, qui era tutto molto più elegante, non esistevano piatti e bicchieri di carta e il rinfresco era di tutt'altro tenore rispetto a quello preparato dalla ditta di catering qualche mese prima. Non mi sentivo assolutamente a mio agio in mezzo a quella gente, ma anch'io facevo buon viso a cattiva sorte, elargendo sorrisi a chiunque mi venisse presentato e offrendo la mano per insulsi quanto ipocriti baciamano.
Ad un certo punto, Stefano mi prese sotto braccio e mi condusse verso un gruppetto di cinque persone particolarmente distinte.
«Vieni, ti presento i padroni di casa. Purtroppo Roberto Gloriani non è riuscito ad essere presente questa sera, dopo tutto quello che è successo l'altro giorno a Genova.»
«E' ancora trincerato in albergo, assediato dai tifosi?»
«No, sembra che ieri in tarda serata la situazione si sia risolta, ma Roberto non ha fatto in tempo a prendere l'aereo per Ancona. O forse sì, ma magari non era nello spirito adatto per partecipare a questa festa, anche se è lui stesso che l'ha organizzata.»
In compenso, Stefano mi presentò Aldo, l'anziano padre di Roberto, un uomo alto, atletico nonostante l'età, settantatré anni, i capelli completamente bianchi. Era il presidente, nonché finanziatore, di un'importante scuola di calcio per giovani della nostra città. Insieme a lui, il fratello Giulio, quindici anni più giovane, accompagnato dalla moglie Giada Spergolini, amministratrice unica dell'impresa edile che aveva provveduto a restaurare la villa.
«Se due più due fa ancora quattro, sento odore di appalti milionari.» Pensai tra me e me. «Questi due sicuramente non stanno insieme per amore, la Spergolini avrà almeno vent'anni meno del marito!»
L'altra coppia di attempati signori era parte di quanto rimaneva della famiglia Brandi, Alfredo e Liana, ed erano due ottantenni in piena forma, gli unici del gruppo che reputai non essere attaccati al Dio denaro. I loro occhi luccicavano vedendo la casa riportata ad un antico splendore, di cui loro forse erano stati testimoni solo in tenera età.
«Veramente incantato, Dottoressa Ruggeri. Se la sua intelligenza è pari alla sua bellezza, come mi hanno decantato, sono convinto che, come tutrice dell'ordine pubblico, saprà proteggere a meraviglia questa cittadina!» Esordì il Signor Alfredo.
«Oh, non esageriamo. Non sono mica uno sceriffo. Sono stata chiamata qui per dirigere la Sezione omicidi e persone scomparse, ma ancora, grazie ad una splendida bimba che ho dato alla luce da poco, non ho preso servizio appieno.»
«Le voci corrono e so che su in Liguria ha risolto un caso estremamente complesso, dimostrando determinazione e sprezzo del pericolo!»
Abbassai lo sguardo, sentendomi lusingata, e cercai di cambiare discorso.
«Siete gli unici membri della famiglia Brandi?»
«Che verranno ad abitare in questa dimora, sì. Abbiamo una figlia, Maria Lucia, che da tempo si è allontanata volontariamente da noi, per fare la bagnina e maestra di Yoga in una località della riviera del Conero. E' la nostra disperazione, vorremmo tanto che ritornasse a vivere con noi, che mettesse la testa a posto, ma lei rifiuta qualsiasi tentativo di riavvicinamento.»
Mentre parlava, osservavo Alfredo e lo paragonavo un po' ad un vampiro. Era una persona alta, magra, il naso aquilino, i canini particolarmente pronunciati, la carnagione molto pallida e gli occhi cerchiati di rosso. Non da meno era la sua moglie, Liana, una donna estremamente magra, che cercava di coprire il pallore del suo viso con molto fard ed un rossetto dal colore intenso. La sua capigliatura era folta e grigia, con una piega impeccabile, le sue mani avevano le dita ossute e affusolate.
«L'altro membro della famiglia di cui non abbiamo più notizie da quasi trent'anni, ventotto per l'esattezza, è il mio anziano genitore, Vladimiro.» Continuò Alfredo Brandi. «Nel 1983, versavamo in pessime condizioni economiche e l'unica via d'uscita era vendere questa dimora, almeno a mio avviso. Mia moglie era del mio stesso parere e trovammo buono l'accordo di esproprio proposto dall'amministrazione comunale del tempo. Mio padre era assolutamente contrario a tale transazione e, dopo un furibondo litigio, se ne andò sbattendo la porta e non avemmo più notizie di lui. Allora aveva settantaquattro anni, ma era perfettamente in salute. La nostra figlia al tempo quattordicenne, Maria Lucia, si schierò dalla parte del nonno, lo rincorse e probabilmente visse per un periodo insieme a lui. Per parecchi mesi, quasi un anno, non avemmo notizie di nessuno dei due. Nel frattempo avevamo ceduto la casa al Comune ed eravamo in procinto di trasferirci a Roma. Una domenica pomeriggio di inizio estate, Maria Lucia si ripresentò a casa, accompagnata da una specie di santone, a sua detta suo fidanzato e guida spirituale, con cui sarebbe partita per l'India, per un viaggio alla ricerca di sé. Provammo a chiederle che fine avesse fatto il nonno Vladimiro, se sapesse indicarci dove ritrovarlo per poterci riappacificare con lui, ma la ragazza non ci volle rivelare nulla. Il nonno sta bene, ma non cercatelo più, furono le uniche parole che Maria Lucia pronunciò sulla vicenda.»
Cominciavo a drizzare le antenne sulla questione dell'anziano scomparso, sarebbe potuto essere pane per i miei denti, un caso irrisolto da decenni a cui dare un senso ed una conclusione.
«Se fosse vivo, Vladimiro avrebbe ora oltre cento anni. Sarà sicuramente morto.» Intervenni. «Ma oggi noi della Polizia abbiamo dei buoni metodi per poter dare un nome ad un cadavere, anche se ridotto a scheletro, e non parlo solo di esami del DNA. Lei mi è simpatico, signor Brandi, e le assicuro che farò quanto è in mio potere per poterle riconsegnare quanto meno la salma del suo caro per potergli offrire almeno una sepoltura. Avevate fatto denuncia della scomparsa dei due, all'epoca?»
«Certo, avevamo denunciato la fuga di mia figlia, che era minorenne. Allora, la polizia disse che un adulto come Vladimiro poteva allontanarsi volontariamente dalla famiglia e che comunque, se la ragazzina era effettivamente in compagnia del nonno, questi l'avrebbe sicuramente protetta. Così, non ci fu un grande impegno nelle ricerche da parte delle forze dell'ordine. E comunque, cara dottoressa, non venda la pelle dell'orso prima di averlo ucciso. Anche se utracentenario, non è detto che mio padre sia morto. In famiglia siamo molto longevi, e più di un mio antenato ha superato tranquillamente il secolo di età. Bernardo Brandi, per volere del quale nel 1659 fu eretta questa sontuosa dimora al posto di un'antica roccaforte ormai in rovina, sembra sia vissuto in salute fino a centosette anni! E' per questo che ho ancora fiducia che mio padre sia vivo e possa ancora chiedergli perdono. E fargli vedere la sua villa restituita ad antico splendore.»
«Vivo o morto, le prometto che mi darò da fare per ritrovarlo.» Conclusi la conversazione con un leggero inchino e porgendogli la mano per farmela baciare. Ero convinta di aver fatto un'ottima impressione su di lui e sicuramente, appena mi fosse stato possibile, avrei mantenuto la mia promessa, anche se ero più convinta di poter trovare un mucchietto di ossa piuttosto che Vladimiro Brandi vivo e vegeto. Chissà perché, quel nome richiamava alla mia mente il conte Dracula, Vlad Tsepesh, o Vlad l'impalatore. Probabilmente ero suggestionata dall'aspetto di suo figlio e dal nome stesso, Vladimiro.
Tra assaggi di prelibati manicaretti e calici di champagne, il ricevimento andò avanti fino al momento in cui il Sindaco prese la parola per un discorso ufficiale di inaugurazione, rammaricandosi dell'assenza di Roberto Gloriani, colui che con tanta magnanimità aveva messo a disposizione i fondi per il magnifico restauro della villa. Calzò l'accento sul merito suo e dell'amministrazione comunale di aver fatto sì che parte del parco e il famoso pozzo fosse restato fruibile da tutta la cittadinanza, e concluse augurando alle famiglie Gloriani e Brandi una serena convivenza sotto lo stesso tetto.
«E' campagna elettorale questa?» Sussurrai a Stefano.
«Oh, i politici non perdono mai occasione per farsi belli e tirare acqua al loro mulino, cercando così di assicurarsi voti per le prossime elezioni.»
Tra le undici e mezzanotte, gli illustri ospiti, uno dopo l'altro, cominciarono a dileguarsi. Stefano si era attardato in una conversazione con la signora Giada Spergolini, nella quale aveva inaspettatamente scoperto un'amante della musica jazz, e che quindi, per lui, era un'ottima interlocutrice. Non senza una punta di gelosia, che peraltro ero riuscita a reprimere immediatamente, mi ero allontanata dai due per dedicarmi ad osservare alcuni dipinti appesi alle pareti ed un'antica libreria dove erano conservati testi anche piuttosto datati ed introvabili. Adocchiai in particolare un libro, con un'elegante sovraccoperta a colori raffigurante il campanile della chiesa di San Floriano, dal titolo “Storia di Jesi”. L'edizione era datata 1969, probabilmente sarebbe stato molto difficile trovarne una copia in libreria, e mi sarebbe piaciuto sfogliarla, ma le ante della libreria erano rigorosamente chiuse a chiave e potevo ammirare il testo solo attraverso i vetri. Quando mi accorsi che erano rimasti solamente pochissimi ospiti, oltre i padroni di casa, mi riavvicinai a Stefano.