venerdì 27 aprile 2012

Momenti di tensione per il Commissario Caterina Ruggeri

Momenti di tensione per il Commissario Caterina Ruggeri

Guardando la mia immagine riflessa sullo specchio, mi balenò un'idea, strana per me, ma che volevo mettere in atto prima di recarmi a casa di Sergio. Presi il telefono e composi il numero del mio parrucchiere di fiducia, il quale mi confermò che in mattinata sarebbe stato aperto, potevo andare da lui quando volevo. Indossai un abito turchese, per la verità piuttosto scollato e corto per la stagione, un paio di calze autoreggenti nere con orlo di pizzo e stivali alti oltre il ginocchio. Mi truccai accuratamente, mi spruzzai un buon profumo e scelsi un soprabito lungo. Uscii e mi diressi dal parrucchiere.
«Mi sono stancata di questi capelli a caschetto mori, Franco. E' una vita che li porto così.» Mi rivolsi alla sua immagine riflessa sullo specchio avanti a me.
«Perfetto, non vedevo l'ora di sbizzarrirmi un po' sulla tua testa.» Mi rispose con la sua voce dalla spiccata erre moscia. «Ti proporrei dei colpi di sole, che schiariranno i tuoi capelli ma in maniera non esagerata, e una pettinatura un po' mossa. Il tutto farà spiccare l'azzurro dei tuoi splendidi occhi, tesoro! Vedrai che capolavoro!»
Già!” Pensai. “E vedrai che conto alla fine!” Ma gli diedi via libera e il risultato fu veramente sorprendente. Lasciati nel cassetto di Franco 120 Euro, rigorosamente non fatturati, prima di riprendere la macchina cercai una tabaccheria aperta in zona e acquistai un pacchetto di Multifilter e un accendino. Ecco: ora ero una poliziotta perfetta! O una sciocca perfetta? Mi ero invaghita del mio collega? Non vedevo l'ora di andarci a letto? Ma cosa mi passava per la testa in quei giorni? Mah, non importava, avrei lasciato che gli eventi facessero il loro corso, nel bene o nel male!
Guidando verso Senigallia, potei notare come l'aria, anche quella mattina fosse tersa e il sole splendente. Una giornata così metteva il buon umore, anche se sapevo benissimo che avrei dovuto lavorare su fatti estremamente scabrosi. Sergio abitava in un piccolo condominio di un quartiere elegante quasi alla periferia della città. Parcheggiai l'auto e, prima di suonare il campanello, mi accesi una sigaretta. Il collega aprì l'uscio con i capelli ancora arruffati e una tazza di caffè-latte in mano. Appena mi vide mi squadrò dalla testa ai piedi, poi rialzò lo sguardo e lo fermò sui miei occhi.
«Hai sbagliato luogo ed orario. Credo che la sfilata di moda sia oggi pomeriggio dopo le 17 al Palarossini.» Fu la battuta. «Comunque accomodati, mi do una sistemata e sono da te. Sul tavolo c'è del caffè e un posacenere. Fai come fossi a casa tua.»
«Rebecca?» Chiesi.
«Questa mattina è in servizio, rientrerà dopo le due di oggi pomeriggio. Abbiamo tutto il tempo di visionare il tuo materiale, nessuno ci disturberà.» La sua voce ora arrivava dalla stanza da bagno insieme al ronzio del rasoio elettrico. Spensi la sigaretta nel posacenere, mi servii un po' di caffè e attesi pazientemente che Sergio riapparisse. Con la camicia slacciata al collo, i capelli leggermente bagnati di gel e l'odore di dopobarba non era proprio male! Mi fece strada fino al suo studio, dispose due seggiole affiancate davanti alla scrivania, accese il PC, poggiò pacchetto di sigarette e accendino avanti a lui e mi invitò a sedere al suo fianco. Prima di sedermi, riposi sullo schienale della mia seggiola il soprabito e la borsetta, dopo aver tirato fuori da quest'ultima le mie sigarette, il mio accendino e la chiavetta USB.
«Purtroppo, anche nella cartella della posta in arrivo dell'Outlook non sono riuscita a ritrovare i testi delle mail che Stefano dice di aver ricevuto da questo misterioso informatore. Probabilmente le ha cancellate, e definitivamente, perché non c'è traccia di esse neanche nel cestino.»
«O è un bluff e non le ha mai ricevute. Il che sarebbe preoccupante, visto i dettagli che mi hai descritto.»
«No, Stefano non è un tipo che mente. Con me poi, è stato sempre sincero, Mi fido di lui. E poi, non te lo ho detto, ma con Cesare Manieri, della Polizia Postale, abbiamo controllato la casella di posta elettronica sul server ed effettivamente c'è traccia di queste mail ricevute...» Gli spiegai in breve quello che mi aveva detto Manieri sul fatto che non si potesse riuscire a risalire alla provenienza delle mail.
«Abbiamo a che fare con un tipo furbo, insomma. Potrei arrivare a pensare che sia lo stesso psicopatico responsabile dei delitti a contattare Stefano per e-mail. Magari potrebbe utilizzare gli stessi disegni ipnotizzanti, chiamiamoli così, inducendo il tuo compagno a fare cose che normalmente non farebbe, come cancellare definitivamente, subito dopo averle lette, le mail che gli invia.»
«Sono d'accordo con te, e ne convengo. Ma perché rivelare o addirittura anticipare le sue mosse ad uno scrittore, e in particolare al mio compagno?»
«Beh, è una sfida, e rientra nella psicologia del nostro uomo, che si ritiene molto intelligente, e vuol dimostrare che riesce a tenere te sotto scacco. Più che “I colori della seduzione”, il romanzo di Stefano si dovrebbe intitolare “Sfida al buio per il Commissario Caterina Ruggeri”!» Mentre parlava notai che il suo sguardo si era soffermato sul mio decoltè, distogliendolo subito per prendere una sigaretta ed accenderla. Accavallai le gambe, scoprendo inesorabilmente il bordo di pizzo dell'autoreggente, e prendendo anch'io una sigaretta dal pacchetto. Lui, cortesemente me la accese, avvicinando la sua mano e il suo viso troppo pericolosamente a me. Avvicinai di più la mia seggiola alla sua.
«Dai, Sergio. Diamo un'occhiata insieme al testo di questo romanzo.»
Il file di Word ci impiegò qualche secondo a caricarsi, poi il racconto comparve a video. Sergio scorse le pagine, soffermandosi sui punti salienti, e proferendosi ogni tanto in esclamazioni.
«Accidenti! Da quello che sta scritto qui, la nostra Fabiana è destinata al suicidio.»
«Capisci ora perché abbia tanto insistito con il magistrato per la carcerazione preventiva?»
«Sì, ma non credo che durerà a lungo. Quando il GIP esaminerà il caso, le darà come massimo gli arresti domiciliari.»
«Se non la scarcererà in via definitiva, passandoci contemporaneamente una bella strigliata per aver arrestato un'innocente. Ma, quant'è vero Iddio, la farò tenere sotto controllo 24 ore su 24!»
«Qui c'è un ultimo capitolo appena iniziato. Il titolo è “Indaco”.»
«Il nostro psicopatico ha già preso di mira una nuova vittima. Indaco è il terzo colore delle copertine di quei quaderni. Leggi!»
Indaco: è il colore del cielo limpido nel passaggio dal giorno alla notte, o dalla notte al giorno. Ma anche il colore della malvagità, il colore associato all'aura di una persona estremamente maligna. L'indaco è il colore della mia aura. Come la sera il colore del cielo vira dall'azzurro intenso, all'indaco al nero, così quando io sto per agire sento che la mia aura volge velocemente verso il nero. E non posso farci nulla.
«Ci sono cento modi per morire!
Ho fatto una festa coi fuochi d'artificio,
ho perso il controllo, è esploso l'edificio,
e anche quello di fianco, vedi i morti nel cortile,
tu passavi col booster e sei esploso dal sedile.»”
«Incredibile!» Esclamai sconvolta. «Sappiamo che colpirà di nuovo, sappiamo anche come, probabilmente una violenta esplosione, un'autobomba o qualcosa di simile. Magari sarà una strage. Ma non sappiamo quando e dove. Come facciamo a prevenirlo? Perché quest'individuo ci lancia questi messaggi? Perché devo vivere portandomi dietro questo tormento? Vuole che mi senta responsabile di non aver potuto far niente per evitare le sue azioni? Perché proprio io, perché?» Dissi, stringendo i pugni e poi battendoli sul petto di Sergio che, nell'atto di condividere la mia disperazione, mi strinse a sé in un abbraccio confortante. Solo qualche attimo prima avrei approfittato per avvicinare le mie labbra alle sue alla ricerca di un bacio, ma in quel momento no, quell'abbraccio era fraterno, di solidarietà, e non poteva essere travisato in nessun altra maniera. Rimasi per qualche attimo, poi mi discostai da lui.
«Scusami, mi sono lasciata andare!»
«Figurati, è una cosa comprensibilissima. Dobbiamo continuare a tenere sotto controllo ciò che scrive il tuo compagno.» Mi disse, rimettendomi in mano la chiavetta USB. Trattenni per un attimo la sua calda mano tra le mie, che erano notevolmente più fredde. Poi mi alzai, presi le mie cose e mi congedai da lui, che mi accompagnò fin sull'arco della porta, dove mi attirò a sé e finalmente mi baciò. Durò qualche istante, poi mi staccai e uscii senza proferire parola, ad evitare che la cosa potesse andare avanti e finire su un letto o su un divano. Appena fuori, accesi un'altra sigaretta, feci un paio di ampie tirate e la gettai. Forse era per dimenticare il sapore della bocca di Sergio. Ma sentivo ancora il cuore in subbuglio, non so se per quello che avevo letto o per ciò che era successo. Feci due respiri profondi e mi infilai in auto.