venerdì 4 maggio 2012

Stefano Vignaroli - I Misteri di Villa Brandi

I MISTERI DI VILLA BRANDI - Una nuova indagine per il Commissario Caterina Ruggeri
                                                                                                                                                                        

"Misteri conditi con ironia e sagacia"
Recensione di Emanuela "La Capricciosa".
Come al solito, Vignaroli mi ha tenuta attaccata per la seconda volta alle pagine del suo racconto fino ad arrivare all’ultima. Il testo è sicuramente scorrevole e il romanzo si legge agevolmente. L’ambientazione, in luoghi a me conosciuti, è ben realizzata, gli elementi di fantasia e mistero anche stavolta non mancano. La narrazione è meno scabrosa rispetto a Delitti esoterici, ma comunque in grado di entusiasmare il lettore. I bui intrighi della Massoneria e dei Servizi Segreti sono sapientemente intrecciati ad elementi addirittura fantascientifici. Sembra che oscuri personaggi siano disposti a tutto pur di giungere in possesso delle preziosissime nanomacchine che scorrono nel sangue dei membri della famiglia Brandi e che permette loro di avere una vita estremamente longeva. Ma da dove provengono queste nanomacchine, questi nanobot? Sono il retaggio di una discendenza da esseri alieni, atterrati nelle campagne marchigiane due millenni or sono, o sono il risultato di segretissimi esperimenti, condotti in un laboratorio sotterraneo da scienziati di fama internazionale, con il patrocinio del governo italiano? E come c’entra in tutto questo il Mister del Chelsea, Roberto Gloriani, e l’impresa edile Spergolini, che hanno investito una non indifferente somma di denaro per restaurare l’antica Villa Brandi? Quando sembra che le indagini della simpatica Commissario Ruggeri siano ad un punto morto, ecco iniziare una serie di eventi che porterà il lettore a stare col fiato sospeso fino alla soluzione dell’intricato complotto. Come al solito, non mancano elementi della vita quotidiana, dall’aperitivo all’Happy Hour, allo spettacolo pirotecnico di ferragosto in spiaggia a Falconara Marittima, alle performance dell’orchestrina del compagno di Caterina, Stefano. Insomma tutti gli elementi per godersi una buona lettura.

venerdì 27 aprile 2012

Momenti di tensione per il Commissario Caterina Ruggeri

Momenti di tensione per il Commissario Caterina Ruggeri

Guardando la mia immagine riflessa sullo specchio, mi balenò un'idea, strana per me, ma che volevo mettere in atto prima di recarmi a casa di Sergio. Presi il telefono e composi il numero del mio parrucchiere di fiducia, il quale mi confermò che in mattinata sarebbe stato aperto, potevo andare da lui quando volevo. Indossai un abito turchese, per la verità piuttosto scollato e corto per la stagione, un paio di calze autoreggenti nere con orlo di pizzo e stivali alti oltre il ginocchio. Mi truccai accuratamente, mi spruzzai un buon profumo e scelsi un soprabito lungo. Uscii e mi diressi dal parrucchiere.
«Mi sono stancata di questi capelli a caschetto mori, Franco. E' una vita che li porto così.» Mi rivolsi alla sua immagine riflessa sullo specchio avanti a me.
«Perfetto, non vedevo l'ora di sbizzarrirmi un po' sulla tua testa.» Mi rispose con la sua voce dalla spiccata erre moscia. «Ti proporrei dei colpi di sole, che schiariranno i tuoi capelli ma in maniera non esagerata, e una pettinatura un po' mossa. Il tutto farà spiccare l'azzurro dei tuoi splendidi occhi, tesoro! Vedrai che capolavoro!»
Già!” Pensai. “E vedrai che conto alla fine!” Ma gli diedi via libera e il risultato fu veramente sorprendente. Lasciati nel cassetto di Franco 120 Euro, rigorosamente non fatturati, prima di riprendere la macchina cercai una tabaccheria aperta in zona e acquistai un pacchetto di Multifilter e un accendino. Ecco: ora ero una poliziotta perfetta! O una sciocca perfetta? Mi ero invaghita del mio collega? Non vedevo l'ora di andarci a letto? Ma cosa mi passava per la testa in quei giorni? Mah, non importava, avrei lasciato che gli eventi facessero il loro corso, nel bene o nel male!
Guidando verso Senigallia, potei notare come l'aria, anche quella mattina fosse tersa e il sole splendente. Una giornata così metteva il buon umore, anche se sapevo benissimo che avrei dovuto lavorare su fatti estremamente scabrosi. Sergio abitava in un piccolo condominio di un quartiere elegante quasi alla periferia della città. Parcheggiai l'auto e, prima di suonare il campanello, mi accesi una sigaretta. Il collega aprì l'uscio con i capelli ancora arruffati e una tazza di caffè-latte in mano. Appena mi vide mi squadrò dalla testa ai piedi, poi rialzò lo sguardo e lo fermò sui miei occhi.
«Hai sbagliato luogo ed orario. Credo che la sfilata di moda sia oggi pomeriggio dopo le 17 al Palarossini.» Fu la battuta. «Comunque accomodati, mi do una sistemata e sono da te. Sul tavolo c'è del caffè e un posacenere. Fai come fossi a casa tua.»
«Rebecca?» Chiesi.
«Questa mattina è in servizio, rientrerà dopo le due di oggi pomeriggio. Abbiamo tutto il tempo di visionare il tuo materiale, nessuno ci disturberà.» La sua voce ora arrivava dalla stanza da bagno insieme al ronzio del rasoio elettrico. Spensi la sigaretta nel posacenere, mi servii un po' di caffè e attesi pazientemente che Sergio riapparisse. Con la camicia slacciata al collo, i capelli leggermente bagnati di gel e l'odore di dopobarba non era proprio male! Mi fece strada fino al suo studio, dispose due seggiole affiancate davanti alla scrivania, accese il PC, poggiò pacchetto di sigarette e accendino avanti a lui e mi invitò a sedere al suo fianco. Prima di sedermi, riposi sullo schienale della mia seggiola il soprabito e la borsetta, dopo aver tirato fuori da quest'ultima le mie sigarette, il mio accendino e la chiavetta USB.
«Purtroppo, anche nella cartella della posta in arrivo dell'Outlook non sono riuscita a ritrovare i testi delle mail che Stefano dice di aver ricevuto da questo misterioso informatore. Probabilmente le ha cancellate, e definitivamente, perché non c'è traccia di esse neanche nel cestino.»
«O è un bluff e non le ha mai ricevute. Il che sarebbe preoccupante, visto i dettagli che mi hai descritto.»
«No, Stefano non è un tipo che mente. Con me poi, è stato sempre sincero, Mi fido di lui. E poi, non te lo ho detto, ma con Cesare Manieri, della Polizia Postale, abbiamo controllato la casella di posta elettronica sul server ed effettivamente c'è traccia di queste mail ricevute...» Gli spiegai in breve quello che mi aveva detto Manieri sul fatto che non si potesse riuscire a risalire alla provenienza delle mail.
«Abbiamo a che fare con un tipo furbo, insomma. Potrei arrivare a pensare che sia lo stesso psicopatico responsabile dei delitti a contattare Stefano per e-mail. Magari potrebbe utilizzare gli stessi disegni ipnotizzanti, chiamiamoli così, inducendo il tuo compagno a fare cose che normalmente non farebbe, come cancellare definitivamente, subito dopo averle lette, le mail che gli invia.»
«Sono d'accordo con te, e ne convengo. Ma perché rivelare o addirittura anticipare le sue mosse ad uno scrittore, e in particolare al mio compagno?»
«Beh, è una sfida, e rientra nella psicologia del nostro uomo, che si ritiene molto intelligente, e vuol dimostrare che riesce a tenere te sotto scacco. Più che “I colori della seduzione”, il romanzo di Stefano si dovrebbe intitolare “Sfida al buio per il Commissario Caterina Ruggeri”!» Mentre parlava notai che il suo sguardo si era soffermato sul mio decoltè, distogliendolo subito per prendere una sigaretta ed accenderla. Accavallai le gambe, scoprendo inesorabilmente il bordo di pizzo dell'autoreggente, e prendendo anch'io una sigaretta dal pacchetto. Lui, cortesemente me la accese, avvicinando la sua mano e il suo viso troppo pericolosamente a me. Avvicinai di più la mia seggiola alla sua.
«Dai, Sergio. Diamo un'occhiata insieme al testo di questo romanzo.»
Il file di Word ci impiegò qualche secondo a caricarsi, poi il racconto comparve a video. Sergio scorse le pagine, soffermandosi sui punti salienti, e proferendosi ogni tanto in esclamazioni.
«Accidenti! Da quello che sta scritto qui, la nostra Fabiana è destinata al suicidio.»
«Capisci ora perché abbia tanto insistito con il magistrato per la carcerazione preventiva?»
«Sì, ma non credo che durerà a lungo. Quando il GIP esaminerà il caso, le darà come massimo gli arresti domiciliari.»
«Se non la scarcererà in via definitiva, passandoci contemporaneamente una bella strigliata per aver arrestato un'innocente. Ma, quant'è vero Iddio, la farò tenere sotto controllo 24 ore su 24!»
«Qui c'è un ultimo capitolo appena iniziato. Il titolo è “Indaco”.»
«Il nostro psicopatico ha già preso di mira una nuova vittima. Indaco è il terzo colore delle copertine di quei quaderni. Leggi!»
Indaco: è il colore del cielo limpido nel passaggio dal giorno alla notte, o dalla notte al giorno. Ma anche il colore della malvagità, il colore associato all'aura di una persona estremamente maligna. L'indaco è il colore della mia aura. Come la sera il colore del cielo vira dall'azzurro intenso, all'indaco al nero, così quando io sto per agire sento che la mia aura volge velocemente verso il nero. E non posso farci nulla.
«Ci sono cento modi per morire!
Ho fatto una festa coi fuochi d'artificio,
ho perso il controllo, è esploso l'edificio,
e anche quello di fianco, vedi i morti nel cortile,
tu passavi col booster e sei esploso dal sedile.»”
«Incredibile!» Esclamai sconvolta. «Sappiamo che colpirà di nuovo, sappiamo anche come, probabilmente una violenta esplosione, un'autobomba o qualcosa di simile. Magari sarà una strage. Ma non sappiamo quando e dove. Come facciamo a prevenirlo? Perché quest'individuo ci lancia questi messaggi? Perché devo vivere portandomi dietro questo tormento? Vuole che mi senta responsabile di non aver potuto far niente per evitare le sue azioni? Perché proprio io, perché?» Dissi, stringendo i pugni e poi battendoli sul petto di Sergio che, nell'atto di condividere la mia disperazione, mi strinse a sé in un abbraccio confortante. Solo qualche attimo prima avrei approfittato per avvicinare le mie labbra alle sue alla ricerca di un bacio, ma in quel momento no, quell'abbraccio era fraterno, di solidarietà, e non poteva essere travisato in nessun altra maniera. Rimasi per qualche attimo, poi mi discostai da lui.
«Scusami, mi sono lasciata andare!»
«Figurati, è una cosa comprensibilissima. Dobbiamo continuare a tenere sotto controllo ciò che scrive il tuo compagno.» Mi disse, rimettendomi in mano la chiavetta USB. Trattenni per un attimo la sua calda mano tra le mie, che erano notevolmente più fredde. Poi mi alzai, presi le mie cose e mi congedai da lui, che mi accompagnò fin sull'arco della porta, dove mi attirò a sé e finalmente mi baciò. Durò qualche istante, poi mi staccai e uscii senza proferire parola, ad evitare che la cosa potesse andare avanti e finire su un letto o su un divano. Appena fuori, accesi un'altra sigaretta, feci un paio di ampie tirate e la gettai. Forse era per dimenticare il sapore della bocca di Sergio. Ma sentivo ancora il cuore in subbuglio, non so se per quello che avevo letto o per ciò che era successo. Feci due respiri profondi e mi infilai in auto.



martedì 6 marzo 2012

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LE AVVENTURE DEL COMMISSARIO CATERINA RUGGERI
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mercoledì 29 febbraio 2012

MOMENTI DI RELAX PER CATERINA RUGGERI

APERITIVO AL CREME CARAMEL
In seguito ad un improvviso temporale, durante la prima settimana di agosto la temperatura era discesa a livelli accettabili. Il sabato sera mi stavo godendo un cocktail nei tavolini all'aperto del Crème Caramel, mentre Stefano, senza la sua solita orchestrina, ma solo grazie al suo sax e alle basi musicali inviate all'impianto di amplificazione da un PC portatile, allietava la serata agli avventori del locale. Ad un certo punto vidi giungere Veronica, in un succinto abitino da sera e l'immancabile sigaretta accesa. Era in compagnia di Leonardo Albini, e sembrava che tra loro l'intesa fosse più che perfetta. La collega, leggermente più alta del tipo, teneva un braccio sulla sua spalla, mentre lui le cingeva i fianchi. Richiamai l'attenzione di Veronica, salutandola ed invitandola a sedersi al mio tavolo. Dopo che la cameriera ebbe disposto sul tavolo altri stuzzichini e preso le ordinazioni dai nuovi arrivati, un long drink per Veronica, un gelato al limone corretto alla Vodka per Leonardo, mi rivolsi alla collega e mi feci offrire una sigaretta. Leonardo, con premura, tirò fuori l'accendino e me la accese.

UN BATTIBECCO CON STEFANO
Mi dovevo vendicare, e il messaggio doveva essere chiaro. All'improvviso mi venne in mente il pacchetto di sigarette acquistato giorni prima e completamente dimenticato in borsa. Conoscevo bene l'avversione del mio compagno per il fumo. Frugai fino in fondo alla borsa, tra i vari oggetti che ogni donna, non si sa perché, porta sempre con sé anche se non servono, trovai il pacchetto, presi una sigaretta e la misi in bocca. Mi diressi verso il caminetto, avendo come obiettivo la scatola dei fiammiferi che era sulla mensola. Ne accesi uno, ma esitai ad avvicinare la fiamma alla sigaretta quel tanto che bastò a Stefano per spegnerla con un soffio. Rimasi allibita a guardare quel bastoncino fumante che mi era rimasto in mano, mentre Stefano toglieva la sigaretta dalla mia bocca.«E' una battuta che ho scritto io sul precedente romanzo, quindi la conosco: qui dentro non si fuma, mia cara, ed io conosco un metodo infallibile per fartene passare la voglia!» Così dicendo avvicinò le sue labbra alle mie, unendole alla ricerca di un bacio appassionato. Riuscii a resistere per una frazione di secondo, cercando di respingerlo, dopo di che cedetti alla passione e mi lasciai trascinare fino in camera da letto.



mercoledì 8 febbraio 2012

IL DIARIO DI UNO PSICOPATICO

UNA SFIDA AL BUIO PER IL COMMISSARIO CATERINA RUGGERI


Stavo spiegando al mio collega di Senigallia, il Commissario Capo Sergio Adinolfi, la funzione della mia squadra in ambito regionale e le possibilità di collaborazione e di interscambio con i locali Distretti di Polizia nelle indagini riguardanti efferati delitti, che sempre più frequentemente si verificavano anche nella nostra zona. Il tipo, un uomo sulla quarantina, alto, atletico, dallo sguardo intelligente, due occhi azzurri che ti perforavano attraverso le lenti degli occhiali, mi ascoltava con attenzione.

«Mio caro, probabilmente dal 2012 tutte le forze dell'ordine, noi, Carabinieri e Guardia di Finanza, saranno riunite in un unico corpo, nell'ottica di un notevole risparmio per le casse pubbliche. Molti nostri piccoli Distretti, così come piccole caserme dei Carabinieri o della Finanza, saranno chiusi, verranno creati nuclei forti nel territorio, con personale misto proveniente dai vecchi organici. Non sappiamo ancora come sarà attuata questa riforma, quali saranno i tempi e come ci chiameremo, ma un fatto è certo: dobbiamo giungere all'appuntamento forti e determinati, non dobbiamo farci prevaricare dagli altri. E la Sezione Omicidi e persone scomparse da me diretta è un nostro punto di forza. Ci tengo a dimostrarlo per garantirne la sopravvivenza, e per questo mi occorre il supporto di tutti voi che lavorate nei piccoli commissariati, che siete a contatto con la realtà quotidiana...»

Il collega stava per ribattere qualcosa, quando la nostra attenzione fu richiamata da un insolito trambusto giù in strada, a poca distanza dalla palazzina in cui ci trovavamo in quel momento, situata in un quartiere periferico di Senigallia, di fronte a degli impianti sportivi, in realtà una zona tranquilla e poco frequentata in quel periodo dell'anno. Era infatti Dicembre inoltrato, le giornate si erano notevolmente accorciate, tanto che erano le quattro del pomeriggio e già il sole stava calando inesorabilmente. Un'auto parcheggiata stava andando a fuoco, già si cominciava ad alzare una colonna di fumo nero. Lì per lì, pensai che non fosse niente di grave, a parte il danno economico che avrebbe patito il proprietario per la perdita della sua auto, ma alcuni particolari della scena fecero rendere conto sia me che il mio collega che si stava consumando una tragedia. L'auto non era vuota, c'erano delle persone a bordo. Senza neanche infilarci i soprabiti, ci precipitammo di sotto. Sergio prese il primo estintore che gli capitò tra le mani, io feci altrettanto e gridai al piantone, passando avanti alla sua guardiola, di chiamare ambulanza e pompieri. Giunti vicino all'auto in fiamme, una Peugeot 207, potemmo verificare l'efficienza degli estintori in nostra dotazione. Il mio era completamente scarico, mentre quello che aveva in mano il commissario Adinolfi riuscì a soffocare le fiamme quel tanto che bastò a riuscire a vedere che per la persona seduta sul posto del guidatore c'era ben poco da fare, poi, esalato l'ultimo spruzzo di schiuma, le fiamme finirono la loro opera riducendo l'auto ad uno scheletro annerito. Fortunatamente, si fa per dire, il veicolo doveva essere alimentato a gasolio, per cui non ci fu alcuna esplosione. Giunsero i pompieri a sirene spiegate e in una frazione di secondo estinsero le ultime lingue di fuoco. Poco più in là, il personale del 118 stava prestando soccorso ad un individuo, che ancora teneva in mano un tubo metallico e che si era leggermente ustionato al volto. A terra, in stato di incoscienza, una persona che capii essere una donna, era riuscita ad uscire dall'abitacolo dal lato del passeggero, si era trascinata per qualche metro avvolta dalle fiamme, poi si era accasciata inerme. Mi diedi della stupida, se non avessi perso tempo con l'estintore, mi sarei potuta accorgere di lei, gettarle qualcosa addosso per soffocare le fiamme, per evitarle atroci sofferenze. Ma nella confusione non avevo fatto neanche caso alle sue urla. I paramedici la rigirarono delicatamente, uno di loro poggiò due dita sul collo e disse all'altro: «E' ancora viva! Forza, diamoci da fare.»

Il secondo paramedico scosse la testa.

«Non possiamo fare niente, è in condizioni pietose. Se si salverà rimarrà sfigurata per sempre. Diamole l'ossigeno e chiamiamo l'eliambulanza, la trasporteranno al centro grandi ustionati...»

La scena era raccapricciante, avevo i crampi allo stomaco e stavo per vomitare, ma mi feci coraggio, mi avvicinai al mio collega, che continuava a guardare allibito il cadavere carbonizzato della persona rimasta all'interno della vettura, e cercai di scuoterlo riportandolo alla realtà.

«Coraggio, Sergio, non potevamo fare niente di più. Cerchiamo di capire piuttosto che cos'è successo. Dobbiamo interrogare l'individuo con quella spranga in mano, prima che lo portino al pronto soccorso. Sentiamo che cos'ha da dire! Mentre tu ti fai dare le sue generalità, io chiamo Cimino. Qualche rilievo della scientifica ci potrà sicuramente essere utile.»

Mentre stavo telefonando, notai con piacere che due agenti del Distretto erano scesi in strada e stavano porgendo a me e a Sergio i nostri rispettivi soprabiti. Effettivamente fu un sollievo indossare il cappotto, in quanto cominciavo ad essere piuttosto infreddolita. Chiusa la comunicazione, prestai attenzione alle parole che stava pronunciando il tipo interrogato dal mio collega.

«Stavo passando di qui per caso, quando ho notato qualcosa di strano all'interno di quell'auto. I vetri si stavano facendo neri di fumo all'interno. C'erano fiamme, ma non erano alte, non fuoriuscivano dall'abitacolo, e sentivo le grida disperate di una donna. Ho provato ad aprire lo sportello, la maniglia scottava, ma ho insistito lo stesso. La portiera non si apriva perché era bloccata dall'interno. Allora ho trovato questa spranga metallica e ho sfondato il vetro. Non l'avessi mai fatto, sono riuscito solo a peggiorare la situazione, fornendo ossigeno all'incendio, una violenta fiammata mi ha investito scaraventandomi all'indietro. Sono riuscito a vedere quella donna avvolta dalle fiamme uscire dal finestrino e correre per qualche metro lasciandosi dietro una scia di frammenti di vestiti e poveri brandelli di carne anneriti dal fuoco, per poi crollare a terra divincolandosi. L'altra persona è rimasta immobile al posto di guida. Non sono riuscito a capire se fosse già morta o se stesse ferma di proposito perché voleva morire in quel modo orribile.»

I paramedici ci lanciarono uno sguardo severo e fecero salire il signor Giovanni Bartoli, così aveva detto di chiamarsi il tipo, sull'ambulanza.

«Avrete tempo e modo di interrogarlo. Ora ha urgente bisogno di essere medicato.»

L'ambulanza partì a sirene spiegate, mentre dal cielo, ormai scuro, giungeva il rumore del rotore dell'eliambulanza, che in breve atterrò al centro del vicino campo da calcio. Con più tranquillità sarebbe arrivata la polizia mortuaria e il furgone della scientifica. Nel frattempo raccogliemmo anche la testimonianza del caposquadra dei Vigili del Fuoco.

«L'auto era chiusa dall'interno, probabilmente la persona al volante aveva azionato il pulsante della chiusura centralizzata. Non ho toccato niente, ma all'interno dell'abitacolo ho notato, tra i resti carbonizzati, almeno quattro bombolette di gas butano, quelle per ricaricare gli accendini, per intenderci. La vittima, che credo sia una donna anche lei, tiene ancora in mano un accendino. Probabilmente la causa del rogo è stata lei stessa. Forse le due avevano deciso di suicidarsi, hanno chiuso tutto e hanno fatto saturare di gas l'abitacolo, provocandosi così anche un certo grado di stordimento. Una scintilla con l'accendino è stata più che sufficiente per innescare l'incendio.»

«Brutto modo per suicidarsi.» Replicai. «E comunque, una delle due non sembrava molto d'accordo a finire abbrustolita. Lasciamo che la scientifica faccia i suoi rilievi, Sergio, i prossimi giorni avremo la possibilità di capire meglio la dinamica dei fatti e le motivazioni che hanno portato queste donne ad un gesto così assurdo. Nel frattempo, in base alla targa del veicolo, cerchiamo di dare un nome a quel cadavere e alla persona che doveva morire insieme a lei. Ormai questo è un caso in cui sono coinvolta, quindi condurremo l'indagine insieme. Ora io rientro alla base, ma ci terremo in contatto.»

«Ci puoi contare!» Replicò Adinolfi, congedandosi.

Nei giorni seguenti potei apprezzare le doti professionali di quell'uomo appena conosciuto, che mi aveva subito colpito in maniera positiva. Avessi avuto lui al posto del Santinelli al mio fianco, come mio vice, la nostra squadra avrebbe sicuramente avuto una marcia in più. Ci ritrovammo nel suo ufficio di Senigallia un paio di giorni dopo.

«L'auto, una Peugeot 207, apparteneva ad una certa Eleonora Giulianelli, 36 anni. Faceva la commessa in un centro commerciale ed abitava da sola in un condominio a pochi passi da qui.» Iniziò Sergio. «La conosciamo per averla fermata a volte e averla trovata in possesso di alcuni piccoli quantitativi di droga, poca roba, per uso personale, per cui non è stata mai arrestata e la sua fedina penale è pulita. Sappiamo però che frequentava assiduamente gli ambienti dei rappers. Spesso partecipava a rave party, cercando lo sballo a tutti i costi. La madre, al riconoscimento della salma, era sì disperata, ma ha affermato che se lo aspettava che prima o poi Eleonora sarebbe finita male. E così è stato. Abbiamo interrogato chi la conosceva, che ha affermato che la tipa era gay, faceva coppia fissa ormai da tempo con una sua amica, Cecilia Bertini, 37 anni, che è poi l'altra donna che era in auto con lei. Quest'ultima però aveva recentemente conosciuto un uomo e se ne era innamorata, pertanto ci hanno riferito che stava cercando di rompere il rapporto con Eleonora. Mettendo insieme questi elementi, credo che potremmo trarre delle conclusioni molto verosimili alla realtà.»

«Lascialo dire a me. Eleonora ha un rapporto morboso con la sua partner e proprio non le va giù che la lasci per un uomo. Vuol fare un ultimo tentativo, invitando l'amica in auto per parlare, per convincerla a rimanere insieme a lei. Ma se non riuscirà a convincerla ha preparato tutto: moriranno insieme. Hanno già sniffato altre volte il butano, per procurarsi un po' di sballo a poco prezzo, per cui Cecilia non si preoccupa di quelle quattro bombolette di gas per accendini. Fatto sta che Eleonora ha sabotato i contenitori, in modo che rilascino pian piano il gas nell'abitacolo. Cecilia ascolta per un po' l'amica, leggermente stordita dall'odore del gas magari si lascia anche carezzare e baciare, ma poi resiste, non vuole desistere dal suo progetto, ha quasi quarant'anni, è ora di mettere la testa a posto e dedicarsi finalmente ad un rapporto come si deve con un uomo, forse sposarsi, chissà! Eleonora, nel frattempo, ha sigillato i finestrini e bloccato le portiere con il pulsante della chiusura centralizzata, che è situato nel pannello della portiera dal suo lato, vicino agli alzacristalli. Un altro comando permette di bloccare anche quelli. Con indifferenza tira fuori il pacchetto delle sigarette, ne offre una all'amica, ne porta lei stessa una alla bocca, e prende l'accendino. Per essere sicura che l'incendio si sarebbe innescato, Eleonora si era anche versata addosso tanto profumo e si era spruzzata tanta lacca sui capelli, ed aveva indossato dei capi di vestiario in fibra sintetica, facilmente infiammabili. Basta la scintilla dell'accendino e... l'abitacolo si trasforma in un inferno. Eleonora rimane ferma, la morte a questo punto è una liberazione per lei, anche se ha scelto un modo atroce per morire. Sicuramente non è della stessa opinione Cecilia, che cerca disperatamente di sfuggire alle fiamme, cerca di aprire la portiera ma è bloccata, di abbassare il finestrino, ma è bloccato anche quello, grida disperata, cerca di raggiungere con la mano il pulsante della chiusura centralizzata, forse riesce a raggiungerlo ma ormai, a causa del calore, non funziona più, l'impianto elettrico dell'auto è ormai andato. Tossisce, lacrima, si dispera, le fiamme cominciano a consumare i suoi abiti, provocandole fitte lancinanti quando vengono a contatto della sua pelle. Quando ormai pensa che sia finita, sente il cristallo infrangersi, una pioggia di frammenti di vetro riversarsi su di lei. Qualcuno la sta aiutando, ma in un lampo, le fiamme aumentano notevolmente il loro vigore, hanno preso nuova forza dall'ossigeno arrivato così generoso ad alimentarle. Trova la forza di gettarsi fuori dell'abitacolo attraverso il finestrino rotto, ma ormai è una torcia umana, riesce a fare pochi passi e cade a terra. Il resto lo abbiamo visto con i nostri occhi.»

«E quindi possiamo archiviare l'episodio come un caso di omicidio – suicidio. Indipendentemente dal fatto che la Bertini se la cavi o meno, la sua carnefice è morta, quindi la faccenda è chiusa...»

«Sarebbe così, se non fosse per un particolare, un reperto che la Scientifica ha ritrovato a pochi passi dalla scena, un piccolo libro dalla copertina di pelle color porpora, finemente lavorata, una candela in parte consumata ed una foto di Cecilia Bertini strappata in quattro pezzi. Cimino mi ha riferito che il libriccino, così a prima vista, poteva sembrare una copia di una Bibbia, o di un Vangelo, ma le pagine erano quasi tutte bianche, tranne alcune all'inizio scritte a mano. Nel frontespizio un titolo, scritto in carattere stampatello, “IL DIARIO DI UNO PSICOPATICO”, nelle pagine successive una disquisizione da vero e proprio psicopatico, che avrò modo di leggere quando la Scientifica avrà terminato il suo lavoro sul referto e me lo consegnerà, ed infine una citazione dal Vangelo di Matteo: "Il regno dei cieli è simile ad un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire. Di nuovo mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono già macellati e tutto è pronto; venite alle nozze. Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l'abito nuziale, gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senza abito nuziale? Ed egli ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti.”»

«Inquietante. Il tipo fa riferimento alle fiamme, fa riferimento all'inferno, ma che significato può avere tutto ciò? Forse è Eleonora stessa che ha preparato queste cose, in fin dei conti era ad un punto di rottura con Cecilia e aveva progettato di ucciderla. C'è tutto: la foto strappata, il riferimento al fuoco, la candela consumata, il brano del Vangelo accuratamente scelto...»

«C'è qualcosa che non quadra. Se fosse effettivamente stata una donna a scrivere, avrebbe scritto il diario di una psicopatica, e non di uno psicopatico. E poi quello che mi fa pensare che non sia stata lei a scrivere quel libretto è il suo livello culturale. Eleonora faceva la commessa, era dipendente dalle droghe e frequentava circoli di rappers. Dovremo leggere attentamente ciò che c'è scritto su quel diario, ma salta all'occhio che sia frutto di una mente fine, colta, non di quella di una sempliciotta commessa di un supermercato. Quello che temo è che possiamo essere di fronte ad un pazzoide, un manipolatore, che magari ha fatto di Eleonora il suo braccio armato per uccidere la sua vittima, rimanendo magari a breve distanza per osservare l'olocausto e disseminare inosservato sul terreno gli elementi che abbiamo trovato, e che rappresentano una sfida da parte sua nei nostri confronti. Potrebbe essere un omicida seriale: “Prendetemi, se ne siete capaci” ci sta dicendo “altrimenti colpirò di nuovo.”»

«Mio Dio, Caterina, queste sono solo tue congetture. Tutto da dimostrare. Ma quello che mi preoccupa è che hai parlato al plurale: dovremo leggere attentamente... Che significa?»

«Ah, già, dimenticavo! La lettera del Questore, tieni. Da domani sarai in servizio nel mio ufficio, sarai il mio vice al posto di Santinelli, che temporaneamente assumerà la reggenza del Distretto di Polizia di Senigallia. Abbiamo un caso che scotta per le mani, e il Dottor Spanò pensa che tu, in questo momento, sia più utile alla Omicidi che non in questo distretto periferico. Vedrai, ti troverai bene con la squadra!»

«Ma...» Provò ad obiettare. Non gliene lasciai il tempo, perché mi girai sui tacchi e guadagnai la porta dell'ufficio.

«A domattina. Alle 8, ci tengo alla puntualità!»

venerdì 27 gennaio 2012

I MISTERI DI VILLA BRANDI

DISPONIBILE LIBRO ED E-BOOK

I MISTERI DI VILLA BRANDI




Abbiamo lasciato Caterina, Commissario in servizio al Distretto di Polizia di Imperia, sapendola incinta, al termine di una complicata e pericolosa indagine sulle tracce di una setta esoterica in terra ligure. Forte del suo successo nel caso dei delitti di Triora, la nostra Commissario viene promossa al grado di Vice Questore Aggiunto e trasferita ai suoi luoghi di origine, nelle Marche, come responsabile della sezione omicidi della Questura di Ancona. Prenderà servizio per un breve periodo, per poi andare in congedo per maternità. Mentre è ancora in aspettativa, a due mesi circa dal parto, si troverà coinvolta, durante una festa di inaugurazione di una villa settecentesca recentemente restaurata, in un grave attentato dinamitardo. Caterina, miracolosamente illesa, prenderà immediatamente in mano le redini delle indagini, che saranno però ostacolate fin da subito da oscuri personaggi, questa volta legati ad una potente Loggia Massonica.